Forze britanniche in Sierra Leone per fronteggiare Ebola

Dopo gli Stati Uniti, anche il governo britannico ha deciso l’invio di un contingente di 750 uomini che verranno dislocati a Freetown, in Sierra Leone, per contrastare l’epidemia di Ebola. In appoggio verrà inviata anche la nave ospedale “Argus”, capace di ricoverare 100 malati nelle particolari condizioni di isolamento richieste dalla malattia, mentre a terra verranno schierate sezioni del 22nd Army Field Hospital con 12 posti letto, specificatamente destinati alla cura dei sanitari che abbiano contratto il virus. Il supporto aereo verrà assicurato da una componente di 3 elicotteri AW-101 Merlin mentre, per quanto riguarda le unità che saranno impiegate, oltre a personale sanitario, del genio e dei corpi logistici, è previsto l’invio di fucilieri del Royal Scots Borders, uno dei più antichi reggimenti del Regno Unito, che vanta con disinvoltura il pittoresco nomignolo di “Pontius Pilate’s bodyguard”, e di cui una prima aliquota di 40 uomini è già arrivata nei giorni scorsi in Sierra Leone.

In merito alle condizioni di sicurezza sanitaria in cui opereranno le truppe non sono state fornite indicazioni, anzi, sia il Ministro della Salute che il Ministro della Difesa, interpellati in proposito dalla stampa inglese,

hanno dovuto ammettere che -“potrebbe non essere garantito il rimpatrio del personale medico o militare che avesse sviluppato l’Ebola”- In linea di principio quindi questo personale, per evitare qualsiasi rischio di diffusione in Gran Bretagna, verrà curato in Sierra Leone, valutando poi -“caso per caso”- le condizioni del rimpatrio.
Una comprensibile linea di condotta che va in senso contrario alle raccomandazioni UE, che ha invece chiesto ai Paesi membri un stabilire un coordinamento per l’evacuazione dei pazienti verso l’Europa.

A questo proposito, in realtà, nessuna decisione definitiva è ancora stata presa e tutto è stato rinviato al 16 ottobre prossimo, quando avrà luogo un vertice straordinario sull’Ebola in cui, tra l’altro, si parlerà del possibile approntamento di una task-force europea, presumibilmente di 4 mila uomini, da inviare in Africa occidentale.

Sulla composizione di una simile forza d’intervento un caso a sé è rappresentato dalla Germania. Lo scorso settembre il Ministro della Difesa Ursula von der Leyen aveva infatti assicurato che i militari che, partecipando all’invio di aiuti in Africa occidentale avessero contratto l’Ebola, sarebbero stati immediatamente rimpatriati per essere curati in Germania.

Ora, secondo quanto riferisce “Der Spiegel”, il sottosegretario Markus Grübel ha invece ammesso che la Bundeswehr -“non possiede i mezzi per trasportare in proprio i malati di Ebola”- (sulle problematiche interne che affliggono le Forze Armate tedesche si veda l’editoriale).

La Germania, che aveva già inviato equipaggiamenti sanitari in Senegal, ha comunque preannunciato l’invio in Africa verso metà novembre di altro personale per l’installazione di un ospedale da 50 posti.

Nel frattempo gli USA continuano l’invio in Liberia di uomini e materiali. Lo scorso 9 ottobre è atterrata a Monrovia un’aliquota della componente aerea (quattro M-22 “Ospreys” e due C-130) trasportando 100 marines, e portando così a 300 (sui circa 3 mila previsti) il numero dei militari americani finora giunti in zona d’intervento. Relativamente ai materiali, la Defense Logistics Agency (l’organo di approvvigionamento del Dipartimento della Difesa USA) ha quantificato di aver finora processato per AFRICOM (il comando areale USA responsabile della missione “United Assistance”) ordini di carico per via aerea da Germersheim (Germania), da Barstow (California), ed altro materiale in corso di spedizione dalla base italiana di Sigonella, in Sicilia.

Infine la Russia. Il Ministro della Salute Veronika Skvortsova, che già lo scorso settembre aveva annunciato la positiva sperimentazione di un vaccino russo, ha ora comunicato che entro due mesi il vaccino – che è stato dichiarato efficace al 70-90 % – verrà inviato in Africa, probabilmente in Guinea.

La notizia non sembra però aver ricevuto grande eco. L’Inviato Speciale dell’ONU per l’Ebola David Nabarro, parlando lo scorso 10 ottobre all’Assemblea Generale, ha affermato che l’epidemia si diffonde in modo esponenziale raddoppiando ogni 3-4 settimane, per poi espandersi dalla regione per l’intero mondo, dimostrandosi -“una minaccia peggiore per l’umanità dell’HIV o della SARS”.

Un confronto però, viste le preoccupanti indicazioni offerte dallo stesso Nabarro, dovrebbe allora essere fatto con l’ultima delle grandi epidemie, la cosiddetta “spagnola”, che colpì il tra il 1918 ed il 1920. Presumibilmente venne portata dai soldati americani giunti in Europa ed ebbe uno degli epicentri in Austria-Ungheria dove si calcola abbia provocato fino a 2 milioni di morti mentre, nell’intera Europa i morti probabilmente raggiunsero i 20 milioni, diventando una delle cause del tracollo finale della guerra. Una curiosità. In anni recenti, tra il 1997 e il 2005, il ceppo virale è stato rinvenuto e mappato geneticamente.

Foto UK MoD

Padovano, classe 1954, è Colonnello dell'Esercito in Ausiliaria. Ha iniziato la carriera come sottufficiale paracadutista. Congedatosi, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza ed è rientrato in servizio come Ufficiale del corpo di Commissariato svolgendo incarichi funzionali in varie sedi. Ha frequentato il corso di Logistic Officer presso l'US Army ed in ambito Nato ha partecipato nei Balcani alle missioni Joint Guarantor, Joint Forge e Joint Guardian.

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